Questo sito utilizza cookie tecnici, analytics e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.

Preferenze cookies

GIACINTO SCELSI (1905 – 1988) – Opera omnia, con Dario Garau Setzu al pianoforte – 1

In prima esecuzione mondiale, l’integrale delle opere edite per pianoforte solo in otto concerti, a cura di Dario Garau Setzu.

Programma primo incontro:

– Suite N. 10, “Ka” (1954)
– Suite N. 8, “Bot-Ba” (1952)

* * * 

Giacinto Maria Scelsi, Conte di Ayala Valva, “il medium da una nota sola”, come amo definirlo, raccontava spesso il seguente aneddoto che ben ritrae il procedimento tecnico compositivo, evidente già nelle opere risalenti alla fine degli anni “20 e, a partire dalla fine degli anni “40, nucleo fondante della quasi totalità delle sue composizioni:
“Viveva molto tempo fa in Persia un suonatore di flauto che non suonava che una nota sola. Dopo aver sopportato per vent’anni con pazienza e discrezione, la moglie gi fece notare che gli altri musicisti utilizzavano diversi suoni, e con successo. Egli rispose che lo sapeva, ma che lui aveva già trovato la nota giusta, mentre gli altri la stavano ancora cercando.”
Teorico, poeta, formidabile pianista ed improvvisatore, osteggiato e snobbato durante la sua esistenza, scomodo in quanto privo d’identità politica e totalmente esente dall’interesse verso la comune prassi di assoggettare la propria attività al mero ma ahimè usuale sistema di scambio di concerti ed impegni fra colleghi, amico dei maggiori artisti e pensatori del suo tempo, poliglotta (fra l’altro, parlava e scriveva correntemente in Sanscrito), uomo schivo che ha rilasciato rarissime interviste, non permetteva di essere fotografato, negava autografi e firme (una linea orizzontale con un cerchio sovrastante era il simbolo che lo rappresentava), cresciuto in un castello in Irpinia, studiando scherma, scacchi e latino, “emigrato” per breve tempo a Roma (dove un altro Giacinto – Giacinto Sallustio, pugliese ma romano d’adozione – , gl’impartì quelle che forse furono le prime lezioni di composizione) e successivamente a Ginevra (ove studierà composizione con Egon Koehler, un allievo di Skrjabin), Vienna (città nella quale studiò sotto la guida di Walter Klein, allievo di Schönberg), Londra (con tanto di matrimonio a Buckingam Palace) e, per lunghissimo tempo a Parigi (la sua vera e propria patria d’adozione), ed ancora in Svizzera, a Losanna, prima di tornare a Roma, ove acquistò una splendida casa di fronte al Palatino (“…..e che poggia esattamente su una linea ideale di demarcazione tra Oriente e Occidente – e per chi intende – spiega la mia vita e la musica”), uomo intriso di misticismo orientale (frequenti e determinanti, sin dagli anni “30, sono i suoi viaggi, dapprima in Africa, in particolare in Egitto, ove la sorella sposò un dignitario egiziano, e successivamente in Medio ed Estremo Oriente, soprattutto nel Tibet ed in India), il compositore Scelsi (o, meglio, il decompositore Scelsi: egli rifiutava l’etichetta di compositore in quanto la sua azione non consisteva nel com-porre ma semmai nello scomporre i suoni, anzi, di norma, un solo suono nelle sue infinitesimali proprietà; e per di più buona parte delle sue composizioni non è altro che la trascrizione di un’improvvisazione) ha rappresentato una vera e propria rivoluzione nel panorama musicale del Novecento e dell’intera storia della musica, la cui portata si comincia a rilevare in modo sostanziale da circa due decenni a questa parte.
Se negli anni “30 e “40 l’interesse verso un suono centrale nelle sue opere e la tendenza a trasferire e migliorare sul pentagramma le sue improvvisazioni al pianoforte erano sì evidenti ma non esclusivi elementi del suo processo compositivo (le sue opere, sino alla fine degli anni “40 quasi tutte per pianoforte, erano programmate utilizzando tecniche di composizione comuni ai compositori dell’epoca: atonalità diffusa, sistemi armonici di derivazione skryabiniana, la dodecafonia, un libero serialismo, ecc….inglobate però di rado in strutture formali ben individuabili. E va fra l’altro osservato che quasi tutte le opere di questo ventennio sono oggettivamente di eccelsa qualità ed indiscutibilmente fra le migliori dell’epoca. Peraltro sembrerebbe ormai accertato che Scelsi abbia usato il metodo dodecafonico quasi vent’anni prima di Luigi Dallapiccola, compositore che si riteneva essere stato il primo italiano ad aver scritto un’opera interamente e strettamente dodecafonica), negli ultimi 35/40 anni di attività, in particolare in seguito a – o per merito (!) di – una crisi psicofisica che l’obbligò nel dopoguerra ad una lunghissima degenza in una clinica svizzera (ove era uso ribattere su un vecchio pianoforte per lungo tempo ma in modi differenti un solo tasto), radicalizzò i suoi intenti: le sue opere sono ora soltanto trascrizioni d’improvvisazioni intorno ad una sola nota – a volte la composizione contiene davvero una sola nota, trasformata però nei suoi modi d’attacco e nella dinamica – (“Ribattendo a lungo una nota, essa diventa grande, così grande che si sente sempre più armonia ed essa vi si ingrandisce all’interno, il suono vi avvolge. Il suono contiene un intero universo, con armonici che non si sentono mai.” “Il suono è sferico, è rotondo. Invece lo si ascolta sempre come durata e altezza. Come tutte le cose sferiche ha un centro che è il cuore del suono. Il compito del musicista è proprio quello di raggiungere il cuore del suono.”). Comincia ad usare i microtoni (cioè intervalli più piccoli del semitono). Ed è il primo compositore al mondo ad averlo fatto in modo sistematico e sostanziale, non utilizzandoli dunque come semplici “abbellimenti” ma assegnando loro il ruolo di Originanti di una composizione. E l’uso sempre maggiore dei microtoni ha portato Scelsi, nel 1956, ad abbandonare il pianoforte, sino a quel momento strumento principe per lui, in quanto esso non è in grado di produrre microtoni né possiede significative caratteristiche e potenzialità di trasformazione di un singolo tono, come ad esempio ha uno strumento ad arco (oltre ad un breve e semplice “Un Adieu”, poco prima della sua scomparsa, scrisse soltanto Aitsi, nel 1974, ma per pianoforte amplificato e distorto).
Accanto ad opere per strumenti a fiato, per voce, per strumenti ad arco (queste ultime oramai e finalmente considerate punti di riferimento assoluti della storia della musica per questi strumenti), cominciò a scrivere sempre più per coro e/o per orchestra, in quest’ultimo caso però scegliendo per lo più organici strumentali del tutto inusuali ed orientati a sfruttare le sonorità più gravi (spesso niente o rari violini e/o viole ma per esempio numerosissimi contrabbassi, tromboni, timpani, gong e perfino giganteschi bidoni di latta percossi selvaggiamente ai lati). L”Homme des extrêmes”, come venie spesso definito Scelsi.

La prima volta che appresi dell’esistenza di un compositore di nome Giacinto Scelsi fu quasi 35 anni fa ad Amburgo durante una cena in cui fortuitamente era presente il compianto Győrgy Ligeti: fu proprio quest’ultimo, in uno stentato italiano, a nominarmi Scelsi, considerato da lui uno dei più grandi compositori di tutti i tempi e la cui estetica avrebbe influenzato molto il suo linguaggio musicale.
Già circa un anno dopo l’incontro con Ligeti possedevo l’intera opera pianistica all’epoca ed attualmente accessibile di Scelsi nonché varie altre sue composizioni per differenti organici strumentali.
Dal giorno non ho smesso d’interessarmi al suo linguaggio musicale ed alla sua estetica.

* * *

Dario Garau Setzu (Cagliari, 1964.) si è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio “L. Cherubini” di Firenze nel 1986. Fra il 1988 ed il 1994 si è specializzato in “Pianoforte, con particolare riferimento alla musica contemporanea – indirizzo concertistico -” presso la Hochschule für Musik und darstellende Kunst ‘Mozarteum’ di Salisburgo. Accanto alla frequenza di numerosi corsi di perfezionamento in varie discipline (pianoforte, cembalo, composizione, analisi, musicologia, didattica della musica, musicoterapica) tenuti da insigni musicisti, quali Fadini, Alvini, G. Wilson, Murray, Harnoncourt, Stockhausen e Berio, ha effettuato un’intensa attività concertistica, quasi esclusivamente in qualità di solista, presentando numerose opere in prima esecuzione assoluta o nazionale, appartenenti anche a noti autori (quali ad es. Scelsi, Boulez e Stockhausen), ed esibendosi spesso in alcune fra le sale da concerto più celebri d’Europa, in Asia e negli Stati Uniti. Fra il 1991 ed il 1993 è stato il pianista dell’”Österreichisches Ensemble für Neue Musik” (ÖENM), gruppo con il quale ha preso parte ai più prestigiosi festival di musica contemporanea europei. Varie emittenti radiofoniche e televisive italiane e straniere hanno registrato i suoi concerti. Garau Setzu è stato attivo nella scena teatrale italiana, negli anni “80, in qualità di regista musicale e/o interprete (pianista). Da oltre un quarto di secolo conduce, sia privatamente che per mezzo di numerosi e prestigiosi premi e borse di ricerca una vasta attività di ricerca sulla letteratura pianistica contemporanea. Questo lavoro di ricerca fa oramai sorgere il dubbio che si possano apporre delle modifiche, o quanto meno delle sostanziali aggiunte, a ciò che sino a poco tempo fa era noto nell’ambito della musica pianistica (e non solo) del summenzionato periodo storico. Nel 1994 ha concepito un progetto in vari punti di (ri)valutazione di autori/opere/interpreti/manifestazioni varie dell’Europa dell’Est. Garau Setzu tiene seminari/conferenze/lezioni nelle più prestigiose Accademie/Istituzioni musicali e culturali in genere in Europa, e da poco tempo nel Nord America ed in Asia, atti a divulgare i risultati delle ricerche e/o, in generale, inerenti (prevalentemente) alla letteratura pianistica del Novecento e/o alle tecniche d’improvvisazione al pianoforte (ed in generale) nonché a tematiche concernenti la didattica pianistica. Dal 1985 insegna periodicamente Pianoforte ed improvvisazione pianistica presso il Liceo “E. D’Arborea” di Cagliari e/o presso altri ex Istituti Magistrali della Provincia di Cagliari. Accanto all’attività di musicista, va segnalato il suo impegno nell’ambito delle demenze (senili e non) da oltre un decennio. Fra l’altro, una sorta di terapia teatrale escogitata per la cura della demenza senile di sua madre nonché l’apertura della sua casa alla comunità locale di assistenti/”attrici” ucraine sono internazionalmente note. Viene invitato ai più prestigiosi convegni al mondo nell’ambito delle demenze. Ha presentato il caso di sua madre anche al 25. Convegno Mondiale sull’Alzheimer (25. ADI World Conference) che si è tenuto a Salonicco, nel marzo del 2010.

  • Organizzato da: IIC Oslo