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“Tutti a casa” (1960) di Luigi Comencini

Con Alberto Sordi ed Eduardo De Filippo

Il film del giovedì all’IIC – Il Road Movie italiano

Inserito nella lista realizzata dalla Biennale di Venezia dei 100 film del cinema italiano da salvare, Tutti a casa è un road movie ante litteram, umano e veritiero, rappresentazione di uno dei momenti più drammatici della storia italiana contemporanea, narrazione esemplare della vicenda di una generazione e simbolo della storia di un popolo intero. Sottotitolato in italiano

 


Il Road Movie italiano:


Tradizionalmente legato al cinema americano, individuato e codificato dalla fine degli anni Sessanta, il road movie  riconosce in Easy Rider del 1969 il proprio capostipite. Elemento tematico centrale del genere è il viaggio, spesso senza una meta attraverso spazi sconfinati o cittadine dimenticate e che tali resteranno dopo il passaggio dei protagonisti. Il vagabondaggio è l’attraversamento fisico di luoghi carichi di potenza simbolica, che conferiscono al viaggio una dimensione interiore ed emotiva al viaggio: esso diventa tanto rappresentazione quanto scintilla per una trasformazione ed evoluzione dei personaggi.  


È possibile percorrere anche nel cinema italiano un viaggio attraverso il road movie. Se ne ritrovano elementi tipici in opere ben precedenti  al 1969, considerata la data di nascita ufficiale del genere. In particolare, ampliando il novero dei titoli rispetto a quelli presentati in questa rassegna, si potrebbero citare Viaggio in Italia di Roberto Rossellini e La Strada di Federico Fellini. I caratteri del genere però, e soprattutto quelli psicologici e umani sono  davvero evidenti per la prima volta in Tutti a Casa del 1960; comunemente, tuttavia, la prima pellicola che viene ricondotta al road movie è Il Sorpasso, di Dino Risi, di due anni successivo e a cui lo stesso Dennis Hopper ha dichiarato di essersi ispirato per il suo Easy Rider. Diverse commedie degli anni Ottanta hanno poi ripreso il tema del viaggio, sebbene in termini non del tutto completi, mentre è nel primo cinema di Gabriele Salvatores che ritorna il road movie nei suoi caratteri più netti e in questo caso con chiari rimandi formali tanto al genere western che al classico road movie degli anni Settanta. Il genere poi ha fatto la sua apparizione nuovamente negli ultimi decenni in diverse pellicole che hanno valorizzando sempre la potenza del viaggio e della fuga tanto come occasione di esplorazione del paesaggio fisico del nostro paese anche con obiettivi di denuncia, che come elemento scatenante analisi introspettive del singolo, capaci in certi casi di tracciare affreschi generazionali.



 


 

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